[ubuntu] Load balancer su Ubuntu Server 20.04.1 con Apache e Pound

In questa guida vedremo come configurare un load balancer utilizzando Pound su Ubuntu Server 20.04.1.

Pound è un software opensource sviluppato principalmente come reverse proxy e application firewall, utilizzato spesso per realizzare load balancer. Tra le caratteristiche salienti ci sono la capacità di rilevare lo stato di un server di backend, la possibilità di tradurre richieste in HTTPS su HTTP e un forte accento sulla sicurezza. Quando un server di backend non è raggiungibile Pound è in grado di rilevarlo, scegliendo tra gli altri server accessibili secondo criteri predefiniti a distribuzione casuale. Il tutto avviene tenendo traccia delle sessioni attive, che tipicamente permangono verso il medesimo server di backend di partenza.

La struttura che andremo a realizzare assomiglierà alla seguente:

Detto questo installiamo Ubuntu Server su tutte e tre le macchine e configuriamo opportunamente gli indirizzi di rete.

1. Configurazione rete

Questa operazione dovrà essere ripetuta in modo uguale su tutte le macchine. Procediamo con la prima. Prima di andare avanti vediamo la configurazione che vogliamo avere.

Creeremo una rete 192.168.0.0/24 nella quale le tre macchine saranno configurate nella maniera seguente:

Per visualizzare la configurazione di rete corrente (comincio dalla prima macchina) digitiamo

Comparirà qualcosa di simile:

Nel mio caso sto utilizzando una macchina virtuale con VirtualBox e la scheda di rete è enp0s3. Tipicamente al suo posto si trova eth1. L’indirizzo configurato dal DHCP è il 192.168.0.4.

La configurazione di rete si trova in /etc/netplan

Per vedere tutti i file di configurazione presenti digitiamo:

dovremmo vedere un file tipo 00-installer-config.yaml

Creiamone un backup del file digitando:

Adesso andiamo a modificare il file, bisogna fare attenzione all’identazione, che prevede 2 spazi vuoti per ciascuna sottosezione. Digitiamo:

Il file originale dovrebbe contenere qualcosa di simile:

Modifichiamolo nella maniera seguente:

Il mio gateway è il 192.168.0.1, per scoprirlo tramite DHCP possiamo digitare ip r

Una volta modificata la configurazione salviamo il file e testiamola digitando:

Se va tutto bene possiamo applicare la modifica, digitando:

Verifichiamo infine la configurazione con:

Se tutto è andato bene vedremo qualcosa del genere:

Se dovessimo cambiare il nome della macchina possiamo digitare:

Per assegnare alla macchina il nome webserver-1. Una volta modificato il nome sarà sufficiente riavviare.

2. Installazione di Pound

Adesso procediamo ad installare Pound su load-balancer-server. Per farlo digitiamo:

Per configurare Pound procediamo a modificare il file /etc/pound/pound.cfg. Digitiamo quindi:

Troveremo di default una struttura simile alla seguente nel file:

Questo significa che Pound è in ascolto sulla porta 8080 e utilizza come servizio un server di backend sempre all’indirizzo locale (qui si suppone si sia installato apache sul medesimo server). Adesso i servizi possono essere definiti in modo globale oppure relativamente ad uno specifico listener. In questo caso sono definiti all’interno di un listener. Ogni servizio ha dentro i server di backend ai quali può essere data una priorità. La priorità di predefinito è impostata su 5, i valori possibili sono da 1 a 9.

Riorganizziamo il nostro file di configurazione per ottenere il seguente risultato:

Se volessimo configurare dei servizi di emergenza, anziché usare il TAG BackEnd potremmo utilizzare Emergency. Tutto il resto rimarrebbe identico. Un server di emergenza interverrebbe solo qualora tutti gli altri backend fallissero.

Salviamo il file e modifichiamo il meccanismo di startup digitando:

Modifichiamo il file nella maniera seguente:

A questo punto riavviamo Pound. Digitiamo:

3. Installazione di Apache sui backend

Sui server di backend sarà sufficiente installare Apache, senza ulteriori configurazioni. Ricordiamoci che Pound, anche se interrogato in HTTPS si connetterà ai server di backend in HTTP.

Per farlo digitiamo semplicemente:

Una volta installato Apache modifichiamo l’output predefinito del webserver. Per farlo cancelliamo il file originale e creiamone uno nuovo.

In questo caso ci scriverò dentro il nome del WebServer, per esempio:

Configuriamo ora il backend affinché effettui il log per le richieste X-Forwarded-For.

Anzitutto abilitiamo l’estensione remoteip di apache.

Modifichiamo il file di configurazione digitando:

Modifichiamo il seguente paragrafo del file:

Faccio notare che l’IP 192.168.0.5 è quello della macchina col Pound.

Riavviamo Apache:

Ripetiamo questa procedura su ogni backend.

4. Prova di funzionamento

A questo punto colleghiamoci al nostro server con Pound, nel mio caso si trova all’indirizzo http://192.168.56.1/

Aggiornando più volte la pagina vedremo comparire, in modo casuale, la risposta del webserver-1 oppure del webserver-2

Oppure:

Vedi articolo

Errori durante il file upload con PHP, Apache & nginx

Riallacciandomi al precedente articolo ([php] Configurare php.ini per l’upload dei file) voglio approfondire il problema del caricamento di file di grosse dimensioni su server che utilizzano PHP, Apache e nginx (nel mio caso specifico anche Plesk).

Gli errori che possono sorgere sono difatti innumerevoli e spesso apparentemente senza senso.

Cominciamo riepilogando il necessario per quello che riguarda il PHP. Come spiegato nel precedente articolo, assicuriamoci di avere una configurazione simile alla seguente nel file php.ini

In questo caso sto supponendo che caricheremo file fino a 512MB.

Per quanto riguarda il PHP ci dobbiamo assicurare che la quantità di memorie allocabile sia compatibile con la dimensione dei file da caricare e che lo sia anche il tempo di esecuzione.

Con un tempo di 1200 secondi si suppone che l’upload avverrà ad un minimo di 0,43MB/s. Questo significa che parte del caricamento dipende anche dalla velocità di upload del client, che potrebbe non essere sufficientemente alta da permettere al server di terminare l’operazione nei tempi consentiti.

Per inciso ricordiamoci che le classiche connessioni ADSL 20 Mega hanno upload che si aggirano attorno a 1 Mbit, ovvero 0,12 MB/s. Questo significa che il tempo di esecuzione dovrebbe essere per lo meno di 4.300 secondi (approssimando per eccesso).

Detto tutto questo si potrebbe incorrere in altri problemi, come ad esempio, lato client: Failed to load resource: net::ERR_HTTP2_PROTOCOL_ERROR

Se si sta tentando di gestire l’upload tramite javascript e si incorre in questo errore, esso nulla ha a che fare con il protocollo HTTP/2 (e tanto meno è utile tornare al HTTP/1.1 o simili), ma è legato al fatto che la pagina non invia una risposta corretta. La risposta non viene inviata correttamente perché ad interrompere l’upload possono essere Apache oppure nginx.

Controllando il log del server si potrebbe trovare infatti un errore simile al seguente: 19855#0: *532 client intended to send too large body: 180584796 bytes

In questo caso sto cercando di caricare circa 172MB di file ed nginix blocca l’operazione.

Nel mio caso specifico posso verificare la cosa, confrontando su Windows la dimensione dei file che sto tentando di inviare al server con un unico upload.

Si può notare come la dimensione bloccata sia leggermente più grande dei file in upload, perché, come già discusso nel precedente articolo, il corpo che viene inviato al server contiene anche informazioni aggiuntive che vanno al di là dei singoli file che si stanno caricando.

A questo punto dobbiamo intervenire su nginx aggiungendo l’istruzione:

La configurazione predefinite di nginx sarebbe di 1m, mentre sotto Plesk è di 128m.

Questo parametro può essere modificato all’interno del file /etc/nginx/nginx.conf

Per farlo su Plesk procediamo nel modo seguente (è anche spiegato nella vademecum ufficiale, anche se ci sono delle piccole incongruenze):

  1. Colleghiamoci via SSH al Server con Plesk
  2. Creiamo un file di configurazione aggiuntivo a cui aggiungeremo l’istruzione precedente: echo 'client_max_body_size 128m;' > /etc/nginx/conf.d/aa_client_max_body.conf
  3. Verifichiamo se esiste il file /usr/local/psa/admin/conf/panel.ini
  4. Se non dovesse esistere creiamolo copiandolo dal file predefinito: cp /usr/local/psa/admin/conf/panel.ini.sample /usr/local/psa/admin/conf/panel.ini
  5. Aggiungiamo l’impostazione per la massima dimensione del corpo: echo -e "[webserver]\n nginxClientMaxBodySize = 512m\n" >> /usr/local/psa/admin/conf/panel.ini
  6. Modifichiamo i permessi: chmod 644 /usr/local/psa/admin/conf/panel.ini
  7. Riconfiguriamo il tutto: plesk sbin httpdmng --reconfigure-all
  8. Riavviamo nginx: service nginx restart
  9. Assicuriamoci che su tutti i webserver sia configurato il parametro giusto: nginx -T | grep client_max_body_size
  10. Nel caso non lo fosse possiamo usare l’istruzione, per riconfigurare il tutto: plesk repair web -y -v

In generale dovremmo assicurarci che, rispetto ai parametri suddetti, nelle configurazioni di nginx, sotto la voce server, compaiano i seguenti due valori:

Questi valori dovrebbero essere in linea (o superiori) con quelli scelti per il PHP.

Infine dobbiamo verificare che anche Apache consenta l’esecuzione dell’upload. Nel caso specifico potrebbero esserci due parametri ad influenzarlo: FcgidMaxRequestLen  e LimitRequestBody

Impostiamoli nel modo seguente:

Se abbiamo configurato tutto correttamente dovremmo essere in grado di caricare i file come definito all’inizio.

Vedi articolo

Installare Ubuntu 19.10 con webserver pronto all’uso [per esordienti assoluti]

Abbiamo già visto come installare Ubuntu 18.04.2 LTS e Ubuntu 16.04.2 LTS predisponendoli per fare da webserver. Oggi voglio ripetere la procedura con Ubuntu 19.10.

Prima di andare avanti vorrei far notare come questa non sia una versione LTS, ossia una distribuzione con supporto a lungo termine, quindi ne sconsiglio caldamente l’installazione per progetti di lunga portata.

Detto ciò proseguiamo come di consueto utilizzando VirtualBox ai fini di questa guida, benché la procedura sarebbe analoga per chiunque lo volesse installare su una macchina fisica.

Gli argomenti trattati saranno:

  1. Configurazione ed installazione Ubuntu Server 19.10
  2. Installazione e configurazione Apache
  3. Installazione e configurazione MySQL
  4. Installazione e configurazione PHP
  5. Installazione di phpMyAdmin
  6. Ulteriori configurazioni

1. Configurazione Ubuntu Server 19.10

Anzitutto andiamo sul sito ufficiale di Ubuntu e procuriamoci la ISO per l’installazione. Assicuriamoci di selezionare la versione server e poi premiamo download:

A questo punto andiamo a creare la nostra macchina virtual con VirtualBox. All’interno di VirtualBox premiamo su CTRL+N per avviare l’installazione di una nuova macchina.

Diamo un nome alla macchina e scegliamo eventualmente il percorso di installazione, come nell’immagine di sopra. Assicuriamoci anche che il tipo sia settato su Linux e la Versione su Ubuntu (64-bit). Premiamo su Successivo.

Selezioniamo la quantità di memoria da destinare alla macchina virtuale (1GB è più che sufficiente). Ancora Successivo.

Lasciamo l’opzione selezionata Crea subito un nuovo disco fisso virtuale per crearne uno nuovo e andiamo avanti.

Se non abbiamo esigenze specifiche lasciamo il tipo di disco su VDI e procediamo avanti.

Lasciamo l’allocazione del disco su Allocato dinamicamente. In questo modo il disco crescerà solo in presenza di file effettivi, occupando meno spazio sulla macchina ospite. Andiamo avanti.

Diamo un po’ di spazio ad Ubuntu, visto che comunque andrà ad occupare solo quello necessario, mettendo il disco su 20GB.

A questo punto nell’elenco delle nostre macchine virtuali vedremo comparire quella con Ubuntu.

Una volta selezionata spostiamoci in alto e clicchiamo sul tasto verde Avvia per farla partire.

Al primo avvio ci verrà chiesto se caricare una ISO per l’avvio della macchina virtuale. Clicchiamo sulla cartellina gialla e poi selezioniamo la ISO che abbiamo scaricato in precedenza, se abbiamo fatto tutto bene, prima di procedere avanti, vedremo una situazione simili alla seguente:

Aspettiamo che compaia la sezione della selezione della lingua. Tanto per cambiare manca l’italiano, perciò proseguirò in inglese (o per fare uno scherzo proseguo in croato!).

Premiamo INVIO. Ci potrebbe chiedere se vogliamo aggiornare l’installer, diciamo di sì premendo di nuovo INVIO.

Adesso ci verrà chiesto il layout della tastiera. Dal momento che sto usando una tastiera italiana dovrò impostare il layout su Italian, come nell’immagine in alto, altrimenti potrei avere problemi specialmente con i caratteri speciali. Per farlo mi sposto in alto con le frecce direzionali e seleziono il menu premendo SPAZIO. Una volta trovata la voce giusta premo nuovamente INVIO. Dopodiché posso tornare alla voce Done e premere INVIO per procedere.

Mi verrà chiesto di configurare la rete, posso premere nuovamente INVIO e andare avanti.

Sulle impostazioni del proxy, a meno di non essere a conoscenza di diversa configurazione, lascio tutto com’è e premo INVIO.

L’indirizzo del mirror per la repository lo posso lasciare tale e quale, premendo ancora INVIO.

Alla voce successiva seleziono la seconda opzione, quella di configurazione dell’intero disco con utilizzo di LVM. Per approfondimenti sull’argomento consiglio LVM, gestore logico dei volumi su Ubuntu [per pinguini alle prime armi]

Mi verrà chiesto quale disco utilizzare, avendone uno soltanto non ho molto da scegliere, in caso contrario potrei selezionare il disco sul quale intendo installare le partizioni principali del server.

A questo punto mi verrà proposto un riassunto di tutte le modifiche che saranno applicate al disco. Se non ho altre esigenze posso premere INVIO e procedere.

Comparirà un avviso che mi segnalerà che l’intero contenuto del disco adesso verrà cancellato e sostituito con la nuova installazione; mi sposto con le frecce direzionali su Continue e premo INVIO.

Adesso inseriamo il nostro nome, scegliamo un nome per il server e username e password, compilando i campi come di seguito.

Una volta compilati tutti i campi premiamo INVIO.

A questo punto ci viene chiesto se vogliamo installare anche il server OpenSSH, che ci permetterà di collegarci in SSH al nostro server. Premiamo la SPAZIO per selezionare l’opzione e poi premiamo INVIO. Prima di premere invio la configurazione dovrebbe apparire come la seguente.

Saltiamo la selezione di snaps per il server (ovvero configurazioni preconfezionate, come viene spiegato alle singole voci). Spostiamoci in basso e selezioniamo semplicemente Done e poi premiamo INVIO.

Se abbiamo fatto tutto bene comincerà un’installazione come la seguente:

Una volta terminata ci verrà chiesto di riavviare il sistema e rimuovere il supporto di installazione. Premiamo semplicemente INVIO.

Se ci dovessero essere problemi con l’unmounting del cdrom, e dovesse comparire una schermata come quella di seguito, sarà sufficiente premere INVIO un’altra volta per dire al sistema di procedere comunque (VirtualBox avrà già smontato l’ISO per conto suo probabilmente).

A questo punto ci si dovrebbe trovare di fronte ad una schermata simile alla seguente:

Faccio notare che continua a persistere il ridicolo problema delle ultimissime versioni di Ubuntu, per cui la schermata di login appare prima che sia terminato il processo di avvio, cosa che riempie la shell di output anche dopo l’apparizione del prompt di ingresso.

Per effettuare il login sarà sufficiente premere nuovamente INVIO e poi digitare il nome utente e la password che abbiamo creato in precedenza.

Adesso, prima di procedere, voglio configurare la scheda di rete di VirtualBox, in modo da poter utilizzare Putty per collegarmi alla macchina virtuale. Lo faccio principalmente per poter copiare ed incollare i comandi sul terminale, cosa non possibile dall’interfaccia di VirtualBox stesso.

Per spegnere il sistema operativo digitiamo quindi:

Una volta spenta la macchina virtuale torniamo sull’interfaccia di VirtualBox e andiamo su File > Preferenze (che possiamo aprire anche premendo CTRL+G)

Andiamo su Rete e clicchiamo sul piccolo pulsante della scheda con il più verde sulla destra che ci permetterà di creare una nuova Rete con NAT da far utilizzare alla nostra macchina virtuale.

Configuriamo la rete nel modo seguente:

Clicchiamo su Inoltro del porte e configuriamo le porte da inoltrare dalla scheda di rete virtuale sul nostro computer alla rete interna di VirtualBox.

Configuriamo l’inoltro delle seguenti porte:

 

Stiamo dando per scontato che la macchina virtuale si troverà all’indirizzo 10.0.2.4 della rete interna (che è tipicamente l’indirizzo predefinito che viene assegnato dal DHCP di VirtualBox).

Detto questo premiamo OK su tutte le finestre aperte e torniamo alla nostra macchina virtuale. Dopo averla selezionata premiamo il tasto Impostazioni (vicino a quello di Avvio).

Dalla schermata delle Impostazioni andiamo su Rete e selezioniamo Rete con Nat, scegliendo dal menu sottostante la Rete Ubuntu che abbiamo creato prima.

Fatto tutto questo premiamo OK e avviamo di nuovo la nostra macchina virtuale. Una volta che sarà ripartita apriamo Putty e digitiamo come indirizzo di connessione 192.168.56.1

Premiamo OK. Se abbiamo fatto tutto correttamente ci verrà chiesto di effettuare la connessione.

Apparirà una schermata che ci chiederà di copiare la chiave di crittografia. Premiamo .

Inseriamo le credenziali e siamo pronti a procedere oltre.

2. Installazione e configurazione Apache

Adesso procediamo con l’installazione di Apache. Aggiorniamo anzitutto tutti i riferimenti della repository digitando:

Dopodiché digitiamo:

Alla domanda se proseguire digitiamo Y e poi premiamo INVIO. Aspettiamo che l’installazione termini. Se tutto è andato bene aprendo l’indirizzo http://192.168.56.1/ dal nostro browser dovremmo vedere la schermata predefinita del webserver Apache nel modo seguente:

3. Installazione e configurazione MySQL

Adesso installiamo il Server MySQL per il database. Per farlo digitiamo:

Come al solito confermiamo l’installazione con Y e aspettiamo che sia terminata.

Una volta terminata l’installazione digitiamo:

Questo avvierà una procedura di configurazione del nostro database, durante la quale ci verranno richieste diverse cose. Alle varie domande rispondiamo rispettivamente:

Press y|Y for Yes, any other key for No: Y

Please enter 0 = LOW, 1 = MEDIUM and 2 = STRONG: 2

(dove: STRONG Length >= 8, numeric, mixed case, special characters and dictionary file)

New password: 4y!7dz=6/%lF-4fes2=lkpl|E^DTL*  (questo è un esempio di password che possiamo mettere, questa password ha una qualità di 180bit e una lunghezza di 30 caratteri)

Se la passowrd è buona ci verrà detto qualcosa come:

Estimated strength of the password: 100

Proseguiamo:

Do you wish to continue with the password provided?(Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Remove anonymous users? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Disallow root login remotely? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Remove test database and access to it? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Reload privilege tables now? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Fatto questo il database è pronto per essere utilizzato.

L’utente predefinito del database sarà root e la password quella che abbiamo scelto prima.

4. Installazione e configurazione PHP

Adesso installiamo il PHP, aggiungendo la libreria per Apache e quella per il database MySQL.

Faccio notare che in questo modo verrà installato l’ultimo PHP disponibile, che nel mio caso specifico, come si può vedere anche dall’immagine di seguito, è il PHP 7.3.

Una volta installato il PHP verifichiamo che sotto Apache siano configurate le pagine predefinite come index.php per l’esecuzione. Digitiamo:

Se va tutto bene sotto la voce DirectoryIndex dovremmo trovare, tra gli altri file, anche index.php. Se così non fosse lo aggiungiamo come nell’immagine seguente:

Nel caso avessimo modificato il file salviamo il tutto premendo CTRL+O, altrimenti direttamente CTRL+X per uscire dall’editor.

Fatte tutte queste belle cose riavviamo Apache.

5. Installazione di phpMyAdmin

Per installare il phpMyAdmin utilizzeremo il composer, per cui installiamolo digitando:

Il composer è uno strumento per la gestione delle dipendenze e delle librerie del PHP, che ci permette di installare progetti in PHP come è per l’appunto il phpMyAdmin.

A questo punto installiamo il minimo indispensabile per usare il phpMyAdmin digitando:

Riavviamo Apache digitando come al solito:

Fatto tutto questo possiamo procedere con l’installazione vera e propria. Spostiamoci anzitutto dentro a /var/www:

Assegniamo il nostro utente alla cartella html (che è la cartella predefinita del nostro webserver raggiungibile dall’indirizzo di prima):

Entriamo dentro con:

A questo punto installiamo qui il nostro phpMyAdmin, che creerà una sua cartella alla quale assegneremo successivamente Apache come utente. In realtà la cartella del phpMyAdmin potrebbe essere creata a nostro piacimento in qualsiasi posizione, purché abbia un senso per noi. Tradizionalmente viene inserito sotto etc oppure share. Io l’ho inserito direttamente sotto www per una questione di ordine. (Qualora la si dovesse mettere altrove dovremmo ricordarci di aggiungere il percorso anche ai VirtualHost)

ATTENZIONE! composer non va lanciato come root/super user, quindi non va utilizzato sudo anteposto al commando. 

Aspettiamo con pazienza l’esito dell’installazione che potrebbe richiedere qualche minuto, soprattutto all’inizio quando non sembra succedere niente di che. Se tutto è andato bene vedremo un output come quello di seguito.

In caso di errore assicuriamoci di aver installato tutte le librerie per il PHP come di sopra e di aver riavviato Apache.

Prima di testare il phpMyAdmin così installato ripristiniamo sulla cartella html l’utente predefinito di Apache digitando:

A questo punto digitiamo nel browser http://192.168.56.1/phpmyadmin/

Se abbiamo fatto tutto bene dovremmo vedere qualcosa come questo:

Provando ad inserire root e la password creata in precedenza potremmo incorrere nel seguente errore:

Nessun problema. Torniamo sul terminale e digitiamo:

Inseriamo la password creata in precedenza per l’utente root. (per capirsi nel mio caso la password era 4y!7dz=6/%lF-4fes2=lkpl|E^DTL*)

Creiamo un utente apposito per gestire il database da phpMyAdmin. Per farlo eseguiamo la seguente sequenza di query:

L’utente così creato sarà:

username: admin

password: HGOqXovUhyZJ4}08}eg-lAiOM])}@lYt

Proviamo ad accedere con tali dati da http://192.168.56.1/phpmyadmin/

Nel caso dovesse apparire l’errore mysqli::real_connect(): The server requested authentication method unknown to the client [caching_sha2_password] eseguiamo i seguenti due comandi sul database.

Se è andato tutto bene possiamo riprovare ad accedere e vedremo una situazione simile a questa.

6. Ulteriori configurazioni

A questo punto abbiamo finito la configurazione principale e dovremmo fare ancora qualche implementazione, configurando cose come:

  1. Sistemare il Firewall
  2. Mettere in sicurezza Apache
  3. Configurare fail2ban ed altri eventuali servizi
  4. Aggiungere un VirtualHost al webserver
Vedi articolo

[apache] Utilizzare ApacheBench per testare le performance del nostro server Apache

Anzitutto installiamo ApacheBench se non lo abbiamo già fatto, eseguendo il comando:

Normalmente Apache viene eseguito sulla porta 80 (http) e 443 (https), ma queste porte possono cambiare, come, per esempio, nel caso di una configurazione combinata con nGinx. Per scoprire su quali porte si trova Apache è sufficiente digitare da terminale:

Dovremmo vedere un output simile a questo:

In questo caso testiamo apache sulle porte 7080 e 7081.

Per lanciare il test digitiamo:

Questo eseguirà 500.000 richieste a pacchetti di 500 richieste per volta (richieste concorrenti). Il parametro -s 3600 imposta il timeout per l’esecuzione su 3600 secondi, mentre il valore predefinito è di 30 secondi.

Otterremo un risultato simile a questo:

Questo significa che per rispondere a 500.000 richieste al tasso di 500 richieste per volta, il server ha impiegato in tutto 25,163 secondi. Il tempo medio per ogni chiamata (500 richieste concorrenti) è di 25,163 millisecondi. Il tempo medio per ogni singola richiesta concorrente è quindi di 0,050 ms, dove 25,163ms / 500 = 0,050326 ms.

Adesso possiamo provare ad aumentare il carico sul server aumentando il numero di richieste concorrenti.

Il risultato sarà simile a questo:

Vediamo come il tempo per singola richiesta concorrente è passato da 0,050 ms a 0,660 ms. Il numero di richieste concorrenti è aumentato di 2 volte, mentre il tempo di risposta è aumentato di 13,2 volte.

Se proviamo ad eseguire invece 5.000 richieste concorrenti digitando:

Otterremo il seguente errore:

socket: Too many open files (24)

Questo significa che abbiamo superato il massimo numero di file aperti contemporaneamente e consentiti dal sistema. Tale configurazione dipende dalle configurazioni di sicurezza del sistema ed è modificabile in /etc/security/limits.conf

Digitiamo:

Dentro il file possiamo stabilire i singoli servizi quali limiti avranno, per aumentare il limite di tutti i servizi possiamo aggiungere in fondo al file:

Questo imposterà il limite al massimo valore consentito.

Se volessimo impostare il limite a 5000 file contemporanei dovremmo digitare ovviamente 5000.

Lo stesso risultato si può ottenere con:

Il comando non renderà la modifica persistente e al prossimo riavvio il valore tornerà a quello predefinito.

A questo punto possiamo ritentare il benchmark con:

Attenzione ad eseguirlo al netto del limite possibile, perché è probabile che si raggiunga la saturazione per via di altri file aperti quando si è prossimi al limite.

Vedi articolo

Installazione Ubuntu 18.04.2 LTS webserver pronto all’uso [per esordienti totali]

Abbiamo già visto come installare Ubuntu 16.04.2 LTS e predisporlo per fare da webserver. Stavolta voglio ripetere la procedura, utilizzando però l’ultima distribuzione a lungo termine ovvero Ubuntu 18.04.2 LTS.

Come al solito eseguiremo l’operazione utilizzando VirtualBox. Per chi lo volesse installare su una macchina fisica la procedura sarebbe comunque analoga.

1. Configurazione Ubuntu Server 18.04.2 LTS

Anzitutto procuriamoci la ISO dal sito ufficiale.

Selezioniamo la seguente configurazione e premiamo download.

A questo punto cominciamo a creare la macchina virtuale sulla quale faremo girare il nostro webserver. Dentro VirtualBox premiamo CTRL+N. Si avvierà la seguente schermata che prepariamo nel modo seguente:

Premiamo su Successivo. Ci verrà chiesto quanta RAM intendiamo assegnare, mettiamo almeno 1024MB (ossia 1GB).

Procediamo e scegliamo di creare un nuovo disco fisso virtuale.

Proseguiamo selezionando VDI e per lo spazio diciamo Allocato dinamicamente (questo vuol dire che il disco virtuale non occuperà immediatamente tutto lo spazio assegnato, ma solo via via che il sistema operativo ne avrà bisogno).

Lasciamo 10 GB di spazio.

A questo punto avviamo la macchina virtuale.e ci verrà chiesto di selezionare un disco di avvio. Se fosse stata una macchina fisica si sarebbe trattato del supporto di installazione, per esempio un CD oppure una penna USB. Nel nostro caso clicchiamo sulla cartellina gialla e andiamo a selezionare il file ISO che abbiamo scaricato in precedenza dal sito ufficiale.

Se abbiamo fatto tutto correttamente dovremmo vedere qualcosa di simile:

Premiamo su Avvia.

A questo punto inizierà il caricamento del programma di installazione finché non ci si presenterà la schermata dove scegliere la lingua.

Selezioniamo inglese. A quanto pare ancora non lo hanno tradotto in italiano.

Premiamo il tasto INVIO.

Usando le frecce direzionali, nella schermata successiva, posizioniamoci sui menu a tendina della lingua e premendo INVIO apriamolo. Selezioniamo la tastiera italiana e premiamo di nuovo INVIO. A questo punto torniamo, premendo la freccia verso il basso, su [Done].

Alla prossima schermata premiamo nuovamente INVIO.

A questo punto ci verrà chiesto come vogliamo configurare la scheda di rete. Se stiamo usando una macchina virtuale come VirtualBox la scheda di rete sarà identificata dal dispositivo enp0s3 (normalmente sarebbe eth0, eth1, ecc…). Premiamo nuovamente INVIO.

Alla richiesta di configurare il proxy lasciamo tutto così com’è e premiamo di nuovo INVIO.

Selezioniamo il mirror predefinito per le repository di Ubuntu premendo semplicemente INVIO.

Nella prossima schermata scegliamo come formattare il disco. In questo esempio voglio utilizzare LVM per la gestione dei dischi, quindi mi sposto sulla seconda voce e premo nuovamente INVIO.

Per maggiori approfondimenti sull’utilizzo del LVM suggerisco questo articolo.

Selezioniamo il disco da partizionare, che è anche l’unico disco di cui disponiamo in questo momento.

Arrivati a questo punto possiamo verificare l’intera configurazione ed apportare, eventualmente, delle modifiche. Nel nostro caso lasciamo tutto tale e quale e procediamo premendo INVIO.

Ci chiederà se siamo sicuri di proseguire. Proseguiamo 🙂

Adesso compiliamo i campi con il nostro nome, il nome del server, lo username e la password. Memorizziamo questi dati perché ne avremo bisogno per accedere al server una volta pronto.

Alla schermata successiva selezioniamo la casella di Installa OpenSSH server premendo la barra spaziatrice. Spostiamoci poi con le frecce su Done e proseguiamo premendo INVIO.

Nella schermata successiva spostiamoci immediatamente su Done premendo il tasto della tabulazione e poi di nuovo INVIO.

A questo punto inizierà l’installazione, non ci resta che aspettare pazientemente che finisca.

Quando sarà tutto finito ci troveremo di fronte ad una schermata come questa, dove ci viene chiesto di riavviare. Premiamo INVIO e riavviamo il sistema.

Poco dopo ci verrà chiesto di rimuovere il dispositivo di installazione. Premiamo semplicemente INVIO e aspettiamo.

ATTENZIONE: Normalmente ci si dovrebbe trovare di fronte alla seguente schermata:

ma operazioni in differita su questa ultima versione di Ubuntu fanno sì che si sovrappongano degli output oltre la schermata di login. Se compare qualcosa di simile a questo è sufficiente premere INVIO per avere accesso alla schermata di login.

A questo punto effettuiamo il login con le credenziali che abbiamo creato in precedenza.

Una volta dentro il sistema digitiamo ifconfig e dovremmo vedere un risultato simile a questo.

Come possiamo notare il server si trova sull’indirizzo 10.0.2.15 che è l’indirizzo automatico assegnato dalla rete virtuale NAT di VirtualBox alla macchina virtuale.

Quello che vogliamo fare adesso è creare una nostra rete NAT personalizzata sulla quale spostare il server. VirtualBox ci permette infatti di creare una rete interna che, rispetto al nostro computer host, sarà raggiungibile all’indirizzo 192.168.56.1. Tale indirizzo sarà, rispetto al server, l’indirizzo esterno con il quale la rete virtuale nella quale si trova il server si affaccerà alla rete nella quale si trova il computer host.

Andiamo perciò sul panello di controllo di VirtualBox, spostiamoci su File > Preferenze (raggiungibile anche premendo CTRL+G).

Spostiamoci su Rete e poi premiamo il pulsante con la scheda di rete e il simbolo più verde . Questo aggiungerà una nuova rete virtuale chiamata NatNetwork (nel mio caso ci sono già altre reti configurate). Restando su NatNetwork premiamo il terzo pulsante a destra con il simbolo dell’ingranaggio .

Impostiamo la rete nel modo seguente scegliendo come ID di rete 10.0.2.0/24:

Con l’IP Calculator possiamo testare i dettagli della rete, ma per quello che ci interessa avremo 254 host dal 10.0.2.1 al 10.0.2.254.

Premiamo OK e spostiamoci nelle impostazioni della nostra macchina virtuale.

Andiamo su Rete e impostiamo come tipo di rete Rete con NAT e il nome Rete Ubuntu, che abbiamo creato prima.

A questo punto torniamo dentro la nostra macchina virtuale e aggiorniamo lo stato della connessione di rete.

Per farlo digitiamo: sudo netplan apply

Digitiamo ifconfig  e verifichiamo l’IP al quale è connesso adesso il nostro server. Nel mio caso è sempre 10.0.2.15

Adesso torniamo nelle Preferenze > Rete e andiamo ad impostare l’inoltro delle porte sulla rete che abbiamo creato.

Dal momento che vogliamo testare il server web con Apache e usare l’SSH per connetterci, dobbiamo inoltrare le porte 80, 443 e la 22.  Per aggiungere nuove regole di inoltro premiamo sul tasto col più verde e compiliamo l’elenco nel modo seguente.

L’indirizzo 192.168.56.1 rappresenta l’indirizzo della scheda di rete virtuale creata da VirtualHost, con la quale possiamo collegarci dal nostro PC alla rete virtuale creata poc’anzi. Fatto tutto questo diamo OK a tutto e proviamo a collegarci alla nostra macchina utilizzando Putty.

Se abbiamo fatto tutto a dovere adesso la macchina dentro la rete NAT virtuale è raggiungibile dall’indirizzo esterno 192.168.56.1.

Configuriamo Putty e premiamo Open.

Se tutto è andato bene ci verrà chiesto di acquisire la chiave per la connessione. Diciamo di sì:

A questo punto entriamo dentro il sistema usando Putty.

Procediamo con l’installazione di Apache e degli altri componenti del server LAMP.

2. Installazione e configurazione Apache

Per installare Apache anzitutto aggiorniamo la repository di Ubuntu digitando:

Quando finisce l’operazione procediamo installando Apache e digitiamo:

Se tutto è andato bene possiamo andare all’indirizzo http://192.168.56.1/ e verificare che si veda una pagina come la seguente:

Questa è la pagina default del nostro server Apache. La possiamo anche modificare andando nella cartella /var/www/html che è la root default del server.

Proviamo a farlo digitando:

Dentro Putty dovremmo vedere qualcosa come questo:

A questo punto usciamo dall’editor nano premendo CTRL+X e poi rimuoviamo il file e mettiamone uno nuovo digitando.

Dentro il file scriviamo semplicemente:

E salviamo premendo CTRL+O. Premiamo INVIO per confermare e CTRL+X per uscire.

Tornando su http://192.168.56.1/ dovremmo vedere qualcosa di analogo a questo:

3. Installazione e configurazione MySQL

Per installare il database MySQL digitiamo:

Premiamo Y alla richiesta di conferma dell’installazione e poi aspettiamo che sia ultimata. Una volta completata digitiamo:

Questo avvierà una procedura di configurazione del nostro database, durante la quale ci verranno richieste diverse cose. Alle varie domande rispondiamo rispettivamente:

Press y|Y for Yes, any other key for No: Y

Please enter 0 = LOW, 1 = MEDIUM and 2 = STRONG: 2

(dove: STRONG Length >= 8, numeric, mixed case, special characters and dictionary file)

New password: )9@JZ21@pam)KUfB)2hc{n[vrK?BAeTU  (questo è un esempio di password che possiamo mettere, questa password ha una qualità di 187bit e una lunghezza di 32 caratteri)

Se la passowrd è buona ci verrà detto qualcosa come:

Estimated strength of the password: 100

Proseguiamo:

Do you wish to continue with the password provided?(Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Remove anonymous users? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Disallow root login remotely? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Remove test database and access to it? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Reload privilege tables now? (Press y|Y for Yes, any other key for No) : Y

Fatto questo il database è pronto per l’utilizzo.

4. Installazione e configurazione PHP

Procediamo installando il PHP e digitando:

Confermiamo sempre con Y quando ci viene richiesto.

Una volta finito verifichiamo che sotto Apache le pagine index.php siano configurate come pagine predefinite:

Se tutto va bene vedremo qualcosa come:

Notiamo la presenza di index.php quindi possiamo procedere tranquillamente.

Per concludere riavviamo il server Apache.

5. Ulteriori configurazioni

A questo punto dovremmo fare ancora qualche implementazione, configurando alcune cose come:

  1. Sistemare il Firewall
  2. Mettere in sicurezza Apache
  3. Configurare fail2ban ed altri eventuali servizi

Io procederò con un esempio su come configurare un nuovo VirtualHost e installarci sopra WordPress.

6. Configurazione VirtualHost e installazione WordPress

Quello che vogliamo fare adesso è aggiungere un dominio al nostro server, affinché alla richiesta di un sito web su tale dominio esso risponde.

In poche parole voglio aggiungere il sito torregatti.com al mio server. Per farlo dobbiamo aggiungere un host virtuale. (qui un esempio della solita procedura)

Per farlo voglio creare, dentro a /var/www/ una cartella dedicata al dominio e poi aggiungerlo ai VirtualHost di Apache.

Procediamo quindi nel modo seguente creando anzitutto la suddetta cartella che, per motivi di ordine, chiamerò come il dominio:

Adesso assegniamo la cartella ad Apache modificando i permessi e digitando:

Aggiungiamo il VirtualHost in sites-available copiando un modello esistente:

Modifichiamo il file che abbiamo appena copiato ed aperto fino ad ottenere qualcosa di simile:

In questo modo il nostro server risponderà sia al dominio torregatti.com che al sottodominio www.torregatti.com

Salviamo con CTRL+O e confermiamo premendo INVIO.

Abilitiamo il host digitando:

Ricarichiamo Apache digitando:

A questo punto possiamo testare la nostra configurazione da dentro Windows modificando il file hosts in C:\Windows\System32\drivers\etc\ impostandolo nel modo seguente:

Salviamo e verifichiamo dal browser che il risultato sia simile a questo:

7. Installazione e configurazione di WordPress

Adesso voglio concludere installando WordPress sul nostro nuovo dominio appena creato.

Anzitutto spostiamoci dentro la cartella del dominio e scarichiamo WordPress digitando i seguenti comandi:

Installiamo zip e scompattiamo il pacchetto:

Spostiamo tutti i file da dentro la cartella wordpress alla radice del dominio digitando:

Rimuoviamo la cartella wordpress:

Assegniamo tutti i file ad Apache, altrimenti avremo problemi durante l’utilizzo del portale (per esempio nel caricamento delle immagini).

Creiamo ora un database con utente per la torregatti.com

Accediamo al database digitando:

Creiamo un nuovo database digitando:

Creiamo un utente per il database e diamogli tutti i privilegi.

A questo punto andando su http://torregatti.com dovremmo vedere l’installazione di WordPress.

Completiamo tutti i dati che abbiamo già configurato:

Completiamo l’installazione seguendo le istruzioni a video ed abbiamo finito.

Vedi articolo

[wordpress] Come installare WordPress in locale utilizzando XAMPP.

Per chiunque fosse interessato ad installare WordPress in locale, utilizzando XAMPP per creare un server Apache con PHP e MySQL, ho pubblicato una breve guida sul blog di Mummu Academy.

[wordpress] Come installare WordPress in locale

Vedi articolo

[linux] Aggiungere file manualmente ad una condivisione su ownCloud (sotto Plesk)

Obiettivo: aggiungere un file manualmente nella partizione utente su ownCloud, senza utilizzare l’interfaccia di gestione

Questa è una soluzione molto interessante qualora si preferisca caricare il file, per svariati motivi, con altri meccanismi, diversi dall’interfaccia utente offerta dalla piattaforma ownCloud. Per esempio avevo bisogno di condividere un file zip di 600MB che però prima andava modificato. In tal caso, scaricarlo sul mio computer e caricarlo di nuovo online, con la connessione a 20 Mega, rischiava di risultare eccessivamente lento e macchinoso, quando potevo invece scaricarlo direttamente sul server e modificarlo da terminale.

Come fare allora per metterlo in condivisione?

L’operazione è semplice: anzitutto dobbiamo collocarci nella partizione dati di ownCloud e trovare la cartella, sotto files, dell’utente al quale vogliamo mettere a disposizione il file.

Una volta nella cartella digitiamo:

In questo modo visualizzeremo il dettaglio dei permessi sui file. Annotiamo utente e gruppo che accedono alla partizione.

Spostiamoci nella cartella di installazione di ownCloud, per esempio con:

Quello che ci interessa è la cartella, di ownCloud, contenente l’eseguibile occ.

A questo punto digitiamo il comando per ricostruire tutta la partizione dell’utente all’interno di ownCloud. Attenzione, questo comando reimposterà tutte le configurazioni delle cartelle su ownCloud gestite dall’utente.

Faccio notare che il nome_utente è l’utente proprietario dei file nella partizione linux, per esempio www-data se siamo sotto apache (lo vediamo con il comando precedente).

utente_owncloud è invece l’utente registrato in ownCloud, ovvero lo username dell’utente a cui appartiene la partizione.

In questo caso verrà utilizzato il PHP predefinito configurato all’interno di Linux, qualora voleste (o doveste) utilizzare un’altra versione, sarà sufficiente digitare il percorso per intero; ad esempio sotto Plesk i file binari del PHP7.0 si possono recuperare in questo modo:

Per maggiori informazioni e dettagli consiglio la pagina della documentazione ufficiale di ownCloud.

Vedi articolo

[ubuntu] Aggiungere virtual host, ovvero aggiungere dominio su server Apache

Immaginiamo di avere un dominio che punta all’indirizzo IP del nostro server, per esempio petarkaran.it indirizzato su 82.165143.26. Affinché al dominio risponda Apache con un sito web è necessario aggiungere un virtual host opportunamente configurato.

Per farlo anzitutto creiamo la cartella del nostro sito. Spostiamoci su /var/www

E creiamo una cartella, a nostro piacere, che di solito si nomina come il dominio (ma non è obbligatorio):

Affinché Apache ci possa lavorare correttamente è necessario riassegnarle l’utente opportuno, cioè www-data, visto che in questo modo il proprietario della cartella è root:

Adesso creiamo il file di configurazione del virtual host, per farlo spostiamoci su:

A questo punto creiamo il nostro file:

Possiamo anche copiarlo da un file esistente, per esempio:

Qualora avessimo creato il file di sana pianta incolliamo dentro il seguente contenuto base:

Per abilitare il sito digitiamo:

Adesso al nostro dominio, sulla porta 80, risponde Apache con il sito sulla suddetta cartella.

Vedi articolo

[php] Interroghiamo un database MySQL su cluster mediante il PHP

Obiettivo: anzitutto creiamo una classe per mediare la connessione MySQL (con o senza cluster è indifferente) e testiamo il cluster MySQL creato nell’esercizio precedente

Per realizzare il nostro scopo avviamo un server apache sulla nostra macchina host, dove abbiamo già avviato 3 macchine virtuali che costituiscono il nostro MySQL Cluster.

Per avviare il server apache mi avvarrò di XAMPP.

Inoltre prima di procedere devo inoltrare la porta 3306 verso il MySQL Cluster Manager che ho configurato in precedenza. Per farlo mi è sufficiente spostarmi in File ⇒ Preferenze ⇒ Rete

Selezioniamo la nostra Rete NAT corrispondente al cluster che abbiamo realizzato e andiamo a configurare l’inoltro delle porte, per ottenere qualcosa di simile a questo:

A questo punto andiamo nel nostro PHP. Creiamo anzitutto un file /inc/MySQLDb.php contenente il seguente codice:

Andiamo adesso a creare il nostro file index.php:

Eseguendo la pagina index.php è molto probabile incorrere nel seguente output di errori:

Questo tipo di errore può dipendere o dal fatto che stiamo richiedendo una query troppo grossa, oppure perché il nostro Server MySQL non è predisposto per accettare le connessioni dall’esterno.

Per risolvere il problema procediamo nel modo seguente.

Anzitutto creiamo un utente apposito con il quale ci collegheremo dall’esterno (nel mio caso gli garantirò tutti i permessi possibili su tutti i database, ovviamente andrebbe limitato ad uno specifico database).

Accediamo al mysql sul nostro cluster manager digitando:

Inseriamo la password di root e poi eseguiamo le seguenti due query per creare l’utente zelda:

Faccio notare che con ‘zelda’@’192.168.56.1′ garantiamo l’accesso all’utente zelda dall’indirizzo 192.168.56.1 che è l’indirizzo esterno della nostra rete NAT su Virtual Box.

Digitiamo exit per uscire e andiamo a modificare il file di configurazione del mysql:

Cerchiamo la voce bind-address e commentiamola in modo che risulti in questo modo:

Infine modifichiamo anche il file /etc/mysql/my.cnf

Inseriamo in fondo max_allowed_packet=16M in modo tale che il file risulti così

Quest’ultima modifica è di solito sufficiente per correggere il precedente errore, se dovesse ripresentarsi possiamo alzare ancora questo valore.

Fatto tutto questo riavviamo il servizio mysql digitando:

Se abbiamo fatto tutto bene non ci saranno errori.

A questo punto modifichiamo il file index.php di sopra perché appaia in questo modo:

Eseguendo la pagina dovremmo vedere qualcosa di simile a questo:

Questo significa che è tutto andato correttamente. A questo punto divertiamoci ad inserire qualche altro utente e generare una tabella con HTML corretto. Modifichiamo il file PHP come segue:

Il risultato, aggiornando la pagina, dovrebbe essere simile a questo:

Infine facciamo una prova per caricare di dati il nostro cluster.

Modifichiamo il file index.php alterando la parte dell’inserimento degli utenti come segue:

Prima di aggiornare la pagina andiamo nel nostro cluster manager e digitiamo:

Quello che dovremmo vedere sarà un risultato simile a questo:

Inserendo 10.000 record, con il precedente script, dovremmo vedere questa “importante” differenza:

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[ubuntu] Installare Google PageSpeed Insights su server Apache

Su PageSpeed Insights Google mette a disposizione un utile strumento per verificare la velocità del proprio sito web, assieme a diversi parametri di ottimizzazione. Inutile dire che si tratta anzitutto di uno strumento di panoramica, che ci consente di verificare determinate caratteristiche tecniche del sito, che non devono essere per forza tutte soddisfatte (a volte è semplicemente impossibile, come quando segnala tra i javascript da ottimizzare quelli di Google Analytics stesso).

Vediamo come installarlo sul nostro server (come al solito nell’esempio utilizzo un Ubuntu Server 16.04).

Anzitutto apriamo il terminale e scarichiamo il file di installazione:

Questo comando scaricherà un file mod-pagespeed-stable_current_amd64.deb nella cartella che abbiamo selezionato.

Installiamo il pacchetto con:

A questo punto eseguiamo il controllo di tutte le dipendenze dei pacchetti installati con:

Se tutto è andato a dovere riavviamo apache.

Per attivare PageSpeed sarà sufficiente aggiungere, nella configurazione del virtual host, oppure in un file .htaccess l’istruzione:

Maggiori informazioni sui parametri di configurazione si trovano sul sito ufficiale.

 

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